.

Esperienze
La riserva

E' una ragazza di diciannove anni che è nella rosa della squadra di pallamano di A1 della sua città. Ha cominciato a giocare a 9 anni, nel cortile della parrocchia del quartiere degradato dove faceva catechismo. A 12 anni, è stata selezionata da un tecnico di seconda divisione (A2) dove, dopo solo due anni, ha fatto l'esordio con la prima squadra. E' stata un bella esperienza per lei, anche se, in allenamento, le compagne, talvolta, erano aggressive, la spronavano troppo e lei si scoraggiava. Era sempre in panchina e giocava solo spezzoni di partita. Un giorno, il 13 dicembre 2000, durante una partita in cui partiva da titolare, subisce una distorsione al ginocchio destro senza lesione dei legamenti. Per tale motivo è rimasta fuori fino al settembre 2001. Da allora, nonostante sia fisicamente guarita, gioca sempre con un tutore al ginocchio. Questo è il primo anno con la nuova squadra, si trova bene anche se vorrebbe essere più considerata (è in panchina e desidererebbe giocare di più). La osservo in allenamento: puntuale, educata, mette impegno in ogni esercizio; forse, è un po' troppo silenziosa e non si stacca mai dal suo tutore al ginocchio. Mi chiama e mi chiede un appuntamento per parlare un po'. "Vorrei capire perché, all'incontro di gruppo di ieri, non sono riuscita ad esprimere quello che volevo dire e sono rimasta in silenzio". Emergono sensi di colpa che l'atleta conferma essere presenti in ogni sua attività quotidiana. A casa, a scuola, nello sport. "Ogni volta che le cose vanno male, penso che sia colpa mia…..e pur di non sentirmi questo peso addosso, sto zitta". Comincia un colloquio più profondo e di fiducia con lei. Provo, nel tempo, a chiederle se è accettabile per lei credere che alcune cose vanno male a causa sua, ma altre vanno male per altri motivi indipendenti da lei. Mi risponde di sì. Pian piano si accorge che le cose che dipendono esclusivamente da lei sono davvero poche. Forse non ce ne sono affatto. Forse il suo compito dovrebbe essere quello di impegnarsi a dare il massimo nelle sue attività e lasciar perdere "altri pensieri". Va un po' meglio anche in campo dove comincia a parlare di più, a rispondere alle compagne anche se non molla mai il suo tutore al ginocchio. Arriva la sua possibilità di aumentare il suo minutaggio in partita. E' sola in contropiede, viene vista e servita, prepara il terzo tempo, si alza e…..goal. E si apre una speranza.