Alla fatidica domanda riguardo quale parte del bicchiere
si guardi più spesso, non tutti rispondono il "bicchiere
mezzo pieno". Una buona parte della popolazione, infatti, tende
a porre maggior attenzione al negativo ("bicchiere mezzo vuoto").
E succede che ciò che, inizialmente, sembra essere solo una
predisposizione poi diventa inevitabilmente un'abitudine. E' proprio
così, nella grande differenza interindividuale, c'è
chi spontaneamente, aprendo la porta di una stanza sconosciuta (come
la vita), guarda (o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi,
le cose piacevoli e chi, invece, altrettanto naturalmente, guarda
(o cerca) prevalentemente gli oggetti, gli arredi, le cose spiacevoli.
Il perché di tale realtà è, certamente, radicato
su dinamiche psicologiche complesse che, a seconda dei casi, poi
trova conferme e/o disconferme nell'esperienza della quotidianità.
Una verità ancor più importante è che in ogni
individuo, senza alcuna ombra di dubbio, il positivo c'è.
In alcune persone è chiaro, evidente ed in bella mostra,
in altre è da ricercare con il lumicino, ma c'è. Il
pensiero positivo, quindi, prima ancora di essere una tecnica
di preparazione mentale, è una filosofia di vita. Senza tale
approccio interiore, senza cioè ricercare il positivo esistente
negli altri, è davvero difficile e quantomeno bizzarro utilizzare
questa importante tecnica di mental training. Si cadrebbe, empaticamente,
in contraddizione.
La tecnica. Per poter effettuare tale pratica, è importante
che lo psicologo sportivo conosca bene l'atleta in modo da sapere
qual'è la sua predisposizione iniziale "a pensare positivo".
Bisogna capire come l'individuo, che si vuole preparare, vive gli
eventi positivi e quelli negativi. In seguito a cosa, a suo avviso,
si è vinto o perso. Bravura, fortuna, fatalità? Anche
da questi elementi è possibile valutare l'autostima dell'atleta
e l'autoefficacia (autostima gesto-specifica) sapendo che chi pensa
spesso in negativo, probabilmente, ha una bassa autostima E' bene,
pertanto, aiutare l'atleta a cercare, inizialmente insieme, ciò
che di lui è positivo per poi cominciare a "tirarlo
fuori". E' un allenamento continuo: spostare il negativo, vedere
positivo, stoppare i pensieri neri, far avanzare solo quelli chiari.
Mano a mano, ciò che sembra uno sforzo diventa naturale.
L'atleta scopre che ha imparato a pensare positivo. E siccome il
pensiero positivo è "contagioso", senza rendersene
pienamente conto, l'atleta comincia ad insegnare a pensare in positivo
a chi sta accanto a lui. Questa è la migliore prova che la
tecnica è stata compresa, accettata e praticata.
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