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Autore Messaggio
gilli
Inviato il - 22 /9 /2008
alle ore 16:59
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gruppi e sottogruppi
vedo con piacere che c'è qualcuno che si occupa di pallamano, non è cosa comune per questo sport decisamente secondario in Italia.
Propongo il mio problema: sto allenando da questa stagione 1 squadra femm.le di A/2. Nessuna professionista, ma tutte ragazze che lavorano o studiano. La squadra non è nata insieme, ma si è formata da altre squadre:
c'è una parte di over 30 che vengono da precedenti esperienza anche di A1 e che non sono del paese della squadra; c'è un'altra parte, più giovane, che invece è cresciuta insieme dalle giovanili (dai 20 ai 30 anni) e infine una terza parte fatto da alcune under 18. Vengono da alcune vicessitudini con allenatori precedenti (lo scorso anno ne hanno esonerati 2). Mi dicono che in passato le "over"erano intoccabili e che le più giovani hanno sofferto di ciò. Nella loro testa è evidente che i gruppi sono ancora ben divisi (soprattutto il gruppo di mezzo che fatica a trovare una identità comune). Essendo nuova e non conoscendo nessuno, per me è stato semplice identificare l'intero gruppo come squadra, ma mi accorgo che invece il loro retaggio è rimasto e che qualsiasi cosa si faccia o si dica, è intesa come : "tanto siamo 2 gruppi" - "tanto che per te ci sono 2 grupi" - "...loro" "...noi".
A me sembra quasi un alibi, cioè è talmente comodo tirare fuori la scusa di essere considerate "di serie B" che mi pare se ne siano convinte e che appunto faccia loro comodo. Rimane una mia impressione, non voglio forzare la mano, vorrei solo trovare la strada migliore per andare avanti e trovare il modo di lavorare tutti insieme, ognuno importante al servisio della squadra.
Salvo Russo
Inviato il 23 /9 /2008
alle ore 8:45
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Per esperienza diretta, pallamano prima e calcio poi, mi sono reso conto che quando si parla di dinamiche di gruppo gli elementi in questione sono fondamentalmente gli stessi. In ogni squadra c'è l'allenatore (col proprio stile), la società (con le proprie disponibilità economiche ed i propri obiettivi), i giocatori (quelli ad inizio carriera e quelli diciamo più esperti). Per poter raggiungere gli obiettivi l'allenatore deve avere la capacità di far "remare" i propri atleti nella stessa direzione. Deve, cioè, possedere una capacità "polarizzante" in modo da trasformare gli elementi negativi in positivi. Le assicuro che ogni squadra, in ogni stagione, ha elementi che influenzano positivamente o negativamente la coesione del gruppo. Talvolta, come sembra essere nel suo caso, influiscono differenze di età, altre volte singoli tratti della personalità o l'elevata competitività tra giocatori della stessa squadra, ecc. L'allenatore dovrà, nei limiti del possibile, mostrare con l'esempio cosa per lui vuol dire fare gruppo. Particolare attenzione andrà posta alla comunicazione non verbale ed al comportmento dei giocatori in campo e fuori dal campo. Chi raccoglie i cinesini a fine allenamento? Chi porta in campo un'aggressività costruttiva? Chi dimostra generosità in partita e/o allenamento? Di fatti concreti che portano verso la crescita del gruppo ce ne sono in quantità. Sarà l'allenatore a mostrare la strada da seguire. Nello specifico, la sua squadra sembra divisa in due. Tenti di capire chi sono le leader dei due sottogruppi e li costringa a cooperare, dando ad entrambe dei compiti precisi e delle responsabilità. In genere, accadono due cose: o lentamente i due gruppi tendono a cooperare maggiormente o si acuisce la conflittualità e qualcuno lascia la squadra. Credo che entrambe le situazioni siano positive poichè, dopo evvenimenti di questo genere, resta solo che è motivato ed è disposto a mettersi in discussione per il bene della squadra. Mi tenga aggiornato sulle evoluzioni. In bocca al lupo.
gilli
Inviato il 23 /9 /2008
alle ore 11:39
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Ringrazio molto della risposta. ci risentiremo di sicuro, perchè evoluzioni ce ne saranno di sicuro.
Grazie ancora, a presto
gilli
Inviato il 22 /10 /2008
alle ore 16:59
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Più vado avanti e più mi perdo nei meandri della mente femminile.
Capito il concetto dei 2 leaders, ho cercato di fare in modo che entrambi fossero coinvolti.

Recentemente vengo a scoprire che, malgrado gli sforzi, molte delle continuano a "puntare il dito" su altre. "lei non gioca bene" - "Lei non tiene stretta la palla" - "Lei non fa gol", ecc....
Commenti che mi fanno gelare il sangue perchè significa che la consapevolezza del gruppo è bassissima.
Non so se a torto o ragione, ma io ho sempre creduto che prima bisognasse guardare a se stessi, poi, eventualmente agli altri.
Mi spiego meglio: io parto dal presupposto che tutti sbagliamo (l'errore può essere di non tenere stretta la palla, di prendere un gol stupido sotto le gambe, di interpretare male una partita); essere un gruppo per me significa contare sull'AIUTO e non GIUDIZIO delle mie compagne. Se la mia compagna di squadra non fa gol, cosa posso fare io per aiutarla??
Questo per me vuole dire gruppo.
Giudicare significa per me tirarsi fuori dalla mischia e pensare che debbano essere gli altri a risolvere i problemi.
Una volta mi hanno proposto un esercizio che cercherò di spiegare perchè vorrei proporre e vorrei sapere cosa ne pensate.
premetto che non è un esercizio sportivo.
Si utilizza una corda (tipo quelle da montagna) e in cerchio tutti insieme la si afferra. Se si rimane nella posizione iniziale, la corda sarà molle, ma se facciamo tutti un passo indietro, la corda si tende a tal punto che diventa durissima. Talmente rigida che possiamo sederci e alzarci facendo solo forza sulle braccia che contunuano a tenere la corda.
Questa forza è data dal gruppo. Se La gente si allontana, la corda comincerà a perdere la sua forza e tornerà molle, nessuno potrà sfruttare l'energia.
Non so se sono riuscita a spiegarmi decentemente, ma ci terrei davvero ad avere 1 vostra opinione se pensate che proporlo sia adeguato alla situazione.
A me l'esercizio fu proposto in tutt'altra situazione: corso di teatro, ma ho trovato dei punti in comune.
Grazie, a presto

Salvo Russo
Inviato il 22 /10 /2008
alle ore 22:19
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Certamente l'esercizio che ha descritto potrà essere utile alla sincronia della sua squadra. Cioè alla capacità di una squadra di essere concentrata esclusivamente su ciò che si fa nell'attimo presente. Trovo, inoltre, che l'esercizio è un'ottima metafora di ciò che davvero accade all'interno dei gruppi: o la tensione è quella giusta e ciascuno può beneficiarsi dell'energia sprigionata dal gruppo viceversa "la corda" diventa "molle" e si cade per terra individualmente. Non si perda d'animo. Credo che la sua attenzione sulla coesione della sua squadra sia lodevole. Non si preoccupi di essere seguita "per forza" da tutte le atlete; continui a dare il meglio di sè con i fatti e le parole. Tutto ciò porterà i suoi frutti. A presto

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